Cibo, falsi miti del senza: come trovare equilibrio a tavola secondo esperti
"TOLLERANZA" ALIMENTARE: COME RITROVARE L'EQUILIBRIO A TAVOLA
In occasione della Giornata della Tolleranza, la nutrizionista di Doctolib fa il punto sulle intolleranze alimentari, smonta i falsi miti del "senza" e spiega come mangiare con buon senso.
Il 16 novembre si celebra la Giornata Mondiale della Tolleranza, un concetto che può estendersi anche… alla tavola. Negli ultimi anni, infatti, si registra un aumento dei casi di intolleranze alimentari, ma anche un boom di autodiagnosi e mode alimentari che portano le persone a eliminare cibi o categorie intere senza una valida motivazione medica.
Una recente analisi europea pubblicata su Allergy ha stimato che circa il 20% degli adulti si dichiara "intollerante" o "allergico" a qualche alimento, un numero in crescita rispetto al decennio precedente. Ma quanto c'è di reale e quanto di percepito?
Più diagnosi, ma anche più confusione
"L'aumento dei casi è reale e le cause sono diverse e intrecciate" – spiega la dottoressa Giorgia Attioli, biologa nutrizionista di Doctolib.it, la piattaforma digitale che consente di prenotare visite e gestire la propria salute in modo semplice e gratuito. "Da un lato abbiamo una maggiore consapevolezza e migliori strumenti diagnostici; dall'altro influiscono fattori ambientali e alimentari, come l'elevato consumo di cibi ultra-processati e la ridotta diversità del microbiota intestinale. Stress, antibiotici frequenti, scarsa assunzione di fibre e diete monotone riducono la capacità del nostro organismo di 'tollerare' gli alimenti".
Studi recenti mostrano, inoltre, che l'esposizione agli ingredienti tipici dei cibi industriali – zuccheri, grassi raffinati, additivi – può contribuire non solo a problemi digestivi ma anche a un aumento di allergie e disturbi infiammatori come asma, dermatiti e rinite allergica, soprattutto nei più giovani.
"Ma accanto ai casi reali, ci sono persone che si convincono di avere un'intolleranza senza una diagnosi" – continua l'esperta. "In questi casi si rischia di eliminare alimenti importanti e di peggiorare l'equilibrio nutrizionale".
"Senza" non sempre vuol dire "più sano": tre falsi miti
Nel mondo dell'alimentazione, poche parole hanno subito un abuso come "senza": dai biscotti "gluten free" alle bevande "senza lattosio", fino agli snack "sugar free" … gli scaffali dei supermercati si sono riempiti di prodotti "senza qualcosa". "Molte persone pensano che togliere qualcosa renda automaticamente un alimento più sano, ma non è così" avverte la nutrizionista di Doctolib.it. Ecco i falsi miti più comuni, "smontati" dall'esperta.
- "Senza zuccheri" = più leggero e dietetico
"Spesso questi prodotti contengono grandi quantità di dolcificanti, che conferiscono comunque il sapore dolce ma, se assunti in eccesso, possono provocare gonfiore e disturbi intestinali. Non sono un passe-partout per la linea".
- "Senza glutine" = più salutare
"Una dieta gluten free senza una reale diagnosi può essere più calorica e povera di nutrienti essenziali. Molti prodotti industriali contengono grassi, zuccheri e sale in eccesso. Inoltre, eliminando il glutine senza motivo si rischia di ridurre l'apporto di fibre, vitamine del gruppo B e ferro".
- "Senza lattosio" = adatto a tutti
"Il lattosio non è un nemico da evitare a priori. Chi non è intollerante può consumarlo con moderazione o scegliere prodotti fermentati, che ne contengono naturalmente meno. Solo in caso di diagnosi bisogna preferire versioni delattosate".
Social e adolescenti: la moda "fit" che fa male
L'attenzione eccessiva per ciò che si mangia, amplificata dai social, rischia di trasformarsi in una nuova forma di rigidità. "I diet influencer e i trend fit o clean eating stanno diffondendo convinzioni errate, soprattutto tra i più giovani" – spiega la nutrizionista – "Molti adolescenti seguono regimi restrittivi solo per imitazione, e questo può alterare il rapporto con il cibo".
La conferma del fenomeno arriva dalla scienza: uno studio del 2023 ha rivelato che tra i ragazzi fra 11 e 18 anni che seguono diete "senza" per motivi non medici, il 40% manifesta un'eccessiva preoccupazione per la purezza del cibo e il 25% associa la dieta all'autostima o al controllo del peso. "È essenziale promuovere educazione alimentare già a scuola" – conclude Attioli – "e ricordare che il cibo non è un nemico da controllare, ma un alleato da conoscere".
Due modi per riconoscere un'intolleranza
Non sempre gonfiore o stanchezza post-prandiale indicano un'intolleranza. Tuttavia, se compaiono disturbi ricorrenti dopo i pasti – come crampi addominali, meteorismo, diarrea, nausea o sensazione di pesantezza – è bene rivolgersi a un professionista. "Solo i test validati scientificamente possono confermare un'intolleranza" – spiega la dottoressa Attioli – "Evitiamo test alternativi o fai-da-te che confondono e possono portare a eliminazioni inutili". Ecco i principali strumenti diagnostici:
- Test del respiro (Hydrogen Breath Test) – È il metodo di riferimento per l'intolleranza al fruttosio (ma anche al lattosio). Si misura la quantità di idrogeno espirato dopo l'ingestione controllata di zucchero: un determinato valore indica malassorbimento
- Test sierologici e biopsia per la celiachia – Si esegue un prelievo per ricercare gli anticorpi specifici (anti-transglutaminasi, anti-endomisio) della malattia. In caso di positività, si può associare una biopsia intestinale per confermare la diagnosi.
"Tutti gli altri test diffusi sul web – del capello, citotossici o kinesiologici – non hanno alcuna validità scientifica e rischiano di far intraprendere diete sbilanciate", sottolinea la nutrizionista.
Il "Menù della tolleranza": strategie per stare bene con ciò che si mangia
Ma qual è allora la vera chiave del benessere? Ritrovare la tolleranza: nel corpo, nel piatto e nello stile di vita. Ecco un "menù" di buone abitudini pensato da Doctolib e dalla dottoressa Attioli con alcuni consigli pratici, validi per tutti:
- Regolarità: mangiare a orari simili, senza saltare pasti e masticando lentamente, aiuta la digestione.
- Varietà: alternare alimenti e gruppi nutrizionali, preferendo frutta e verdura di stagione, sostiene il microbiota.
- Moderazione: limitare l'eccesso di cibi ultra-processati, zuccherati o troppo salati.
- Fermentati con giudizio: yogurt o kefir (anche delattosati se necessario) e altri cibi fermentati possono contribuire all'equilibrio intestinale.
- Tisane e idratazione: bere acqua a sufficienza e scegliere bevande leggere come infusi di finocchio, zenzero o menta piperita aiuta il comfort digestivo.
- Gestione dello stress e attività fisica: un intestino "tollerante" passa anche da una mente più serena e da uno stile di vita equilibrato.
"La vera tolleranza nasce dalla conoscenza" conclude la dottoressa Attioli. "Prima di eliminare qualcosa, chiediamoci se c'è davvero un motivo. Le intolleranze vanno diagnosticate, non indovinate. E il corpo, come le persone, funziona meglio quando è ascoltato con equilibrio e senza estremi".












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